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Tumore prostata

Microcitoma: Lineeguida AIOM 2015


Sin dal momento della prima diagnosi il microcitoma è da ritenersi malattia disseminata e, di conseguenza, il ruolo svolto dalla chemioterapia, anche in considerazione dell'elevata chemiosensibilità della neoplasia, è di fondamentale importanza.

In analogia con altre neoplasie altamente chemiosensibili, anche nel microcitoma le risposte al trattamento si osservano precocemente e i maggiori benefici in termini di sopravvivenza si riscontrano prevalentemente nei pazienti che abbiano ottenuto una remissione completa precoce.
E' estremamente raro osservare ulteriori miglioramenti dopo 12 settimane di terapia.

Studi randomizzati hanno dimostrato che la polichemioterapia è superiore, in termini di risposte e di sopravvivenza, alla monochemioterapia.
Combinazioni chemioterapiche di 2-3 farmaci, somministrate ogni tre settimane, per un massimo di 4-6 cicli, sono da considerarsi trattamenti standard.
Le combinazioni polichemioterapiche impiegano farmaci dimostratisi singolarmente i più attivi, sfruttando meccanismi d'azione e tossicità differenziate: Ciclofosfamide, Ifosfamide, Cisplatino, Carboplatino, antracicline, podofillotossine ( Etoposide, Teniposide ), Vincristina, Metotrexato e nitrosuree, in varia combinazione fra loro.

L'impiego, in prima istanza, di regimi chemioterapici molto aggressivi, che richiedano ospedalizzazione, non ha dimostrato un evidente vantaggio terapeutico.

Considerando la dimostrata instabilità genetica, favorente l'instaurarsi di una resistenza multipla ai farmaci, si è cercato di superarla ricorrendo a regimi polichemioterapici alternati costituiti da associazioni non cross-resistenti tra loro.
Le evidenze di un miglioramento in termini di sopravvivenza sono però molto modeste e globalmente negative.
Non è stata dimostrata l'utilità di una terapia di mantenimento da effettuare al termine della terapia di induzione.
Contrariamente a quanto avviene nei trattamenti di prima linea, sulla malattia in recidiva l'effetto della chemioterapia è molto meno evidente; le probabilità di ulteriore risposta sono direttamente correlate alla durata del periodo libero da progressione.

Le maggiori tossicità riscontrate con i regimi polichemioterapici utilizzati sono quella ematologica ( leucopiastrinopenia, anemia ), quella gastroenterica, prevalentemente nausea e vomito.
La tossicità neurologica periferica appare strettamente correlata all'uso degli alcaloidi della vinca e del Cisplatino.

Trattamento della malattia in stadio limitato
In assenza di trattamento, la mediana di sopravvivenza è di sole 12 settimane. Un approccio multimodale comprendente la chirurgia può essere considerato in casi molto selezionati ed in stadio precoce ( T1N0 ).

La chemioterapia da sola, pur essendo in grado di produrre elevati tassi di risposte, è gravata da un considerevole tasso di ricadute a livello intratoracico.

La radioterapia toracica migliora il controllo locale e la sopravvivenza complessiva e deve essere incorporata in una strategia terapeutica combinata.
La chemio-radioterapia rappresenta la migliore scelta terapeutica in grado di migliorare significativamente la sopravvivenza.
Due metanalisi hanno evidenziato che la radioterapia toracica, condotta con frazionamenti convenzionali, in associazione alla chemioterapia determina un incremento del controllo locale del 25%, che si traduce in un aumento della sopravvivenza libera da malattia a 2 anni del 13%, ed in un miglioramento della sopravvivenza globale a tre anni del 5.4%, particolarmente nei pazienti di etá inferiore a 55 anni.

Nonostante il microcitoma sia sempre stato considerato una neoplasia a discreta radiosensibilità, la recidiva loco-regionale continua a rappresentare un pattern molto frequente delle riprese di malattia. Esistono dati che dimostrano come dosi più elevate di radioterapia si associano a un miglioramento del controllo locale e a una migliore sopravvivenza libera da malattia.
Benché la dose totale ottimale non sia ancora stata stabilita, gli studi che hanno dimostrato la superiorità del trattamento combinato hanno utilizzato dosi complessive di radiazioni uguali o superiori a 50 Gy in 25 frazioni giornaliere somministrate in cinque settimane ( o una dose biologica equivalente ). La somministrazione di dosi più elevate di radioterapia deve ovviamente basarsi su considerazioni relative alle condizioni generali del paziente, al volume tumorale, ai volumi radioterapici ( irradiazione linfonodale elettiva si o no ), al rispetto dei parametri di tolleranza dei tessuti sani perilesionali ( in particolare per quanto concerne il polmone sano ).
Relativamente all’integrazione delle due modalità terapeutiche, ed in particolare al momento di inizio delle radioterapia in relazione a quello della chemioterapia ( somministrazione precoce o tardiva della radioterapia ), evidenze cliniche recenti sono a favore di un’integrazione precoce ( sopravvivenza a 5 anni: 20% per la radioterapia precoce versus 11% per la radioterapia tardiva ).

Vi è attualmente evidenza a sostegno di una miglior efficacia terapeutica della chemioradioterapia concomitante ( radioterapia toracica dal 1° o 2° ciclo di chemioterapia ) rispetto alla chemioradioterapia sequenziale, previa adeguata valutazione delle condizioni generali dei pazienti.
In presenza di volumi tumorali particolarmente significativi, una strategia sequenziale con differimento della radioterapia toracica al termine della chemioterapia deve essere mantenuta per un miglior rispetto dei parametri dosimetrici predittivi di tossicità polmonare post-attinica ( riduzione della MLD e della V20 rispetto ad un programma di radioterapia toracica condotto sui volumi iniziali ).

In uno studio clinico prospettico randomizzato, la radioterapia iperfrazionata accelerata ha prodotto un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza, pur in presenza di un importante limite metodologico rappresentato da un confronto tra due dosi biologicamente molto diverse ( 45 Gy in frazioni da 1.8 Gy qd vs 45 Gy in frazioni da 1.5 Gy bid ).
Una metanalisi dei 2 studi randomizzati esistenti ha evidenziato una differenza in sopravvivenza globale, anche se non statisticamente significativa, a favore della radioterapia iperfrazionata, ma a prezzo di maggiore tossicità.
Sono attualmente in corso studi clinici di confronto tra schemi di iperfrazionamento accelerato ( 45 Gy bid ), tesi a contrarre la durata globale del trattamento, e schemi di frazionamento convenzionale ma con dosi totali più elevate ( 60 Gy qd ).

In attesa di tali studi, l’utilizzo di una radioterapia toracica con frazionamento convenzionale e con dosi totali prossime ai 60 Gy può ancora essere considerato come il trattamento standard.

Dati interessanti confermerebbero l’importanza di un inizio precoce della radioterapia toracica, identificando come nuovo fattore prognostico l’intervallo temporale tra l’inizio del trattamento chemioterapico o chemioradioterapico e la fine della radioterapia ( SER = Start End of Radiotherapy ).

L'incidenza di metastasi encefaliche nel carcinoma polmonare a piccole cellule ( SCLC ) è estremamente elevata. Si calcola che il 10% dei pazienti presenti metastasi encefaliche alla diagnosi e che il 50-70% possa svilupparle successivamente.
In considerazione di tale elevato rischio di diffusione sistemica cerebrale, è spesso stata utilizzata una irradiazione profilattica dell’encefalo ( PCI ) come parte integrante delle strategie terapeutiche. L’utilizzo della PCI produce un significativo impatto sulla riduzione del rischio di malattia metastatica cerebrale.
Una meta-analisi di studi prospettici randomizzati ha dimostrato, nel sottogruppo di pazienti con risposta maggiore al termine del trattamento di induzione, un incremento della sopravvivenza a 3 anni pari al 5.4%, con una drastica riduzione delle recidive intracraniche, nei pazienti che ricevevano un’irradiazione profilattica dell’encefalo.

Un recente studio prospettico randomizzato di confronto tra 25 Gy e 36 Gy ha dimostrato che il dosaggio ottimale di PCI debba consistere in 25 Gy somministrati in 10 frazioni, non evidenziandosi alcun beneficio terapeutico dall’intensificazione della dose radioterapica.
Non esistono indicazioni definitive circa il periodo ottimale di erogazione dell’irradiazione profilattica dell’encefalo, anche se alcuni dati confermerebbero un maggior rischio di metastasi cerebrali per i pazienti che ricevono una PCI oltre 180 giorni dall’inizio della chemioterapia.
Si ritiene pertanto che essa vada comunque iniziata il più presto possibile dopo la conclusione del trattamento di induzione chemioradioterapico, sottolineando indirettamente una volta di più l’utilità di una strategia concomitante e non sequenziale di chemioradioterapia.

Trattamento della malattia estesa

La polichemioterapia rappresenta la principale arma disponibile. I risultati che con essa si possono ottenere sono decisamente inferiori a quelli ottenuti nello stadio limitato, con tasso di risposte totali compreso tra il 65% e l'85%, con il 15%-30% di risposte complete, una mediana di sopravvivenza intorno ai 12 mesi, una sopravvivenza a 2 anni pari al 4.6%; aneddotici i casi di pazienti sopravvissuti oltre i 5 anni.

Gli schemi terapeutici impiegati sono gli stessi della malattia in stadio limitato. Nella pratica clinica, le combinazioni chemioterapiche più frequentemente utilizzate prevedono l’impiego di Cisplatino - Etoposide o di Carboplatino - Etoposide, mentre oggi è molto meno usata la combinazione senza Platino di Ciclofosfamide - Adriamicina - Vincristina ( o Etoposide ).
Una metanalisi per dati individuali, basata su 4 studi di confronto tra chemioterapia contenente Cisplatino e Carboplatino, pubblicata nel 2012, suggerisce che queste ultime due combinazioni sono egualmente attive in termini di sopravvivenza ma dotate di profili di tossicità differenti.
Nessun’altra combinazione chemioterapica si è sino ad ora dimostrata superiore a queste due combinazioni, che possono essere considerate il trattamento di prima linea standard del microcitoma.

La durata ottimale del trattamento chemioterapico è oggetto di controversia. Comunemente negli studi clinici si somministrano sei cicli, mentre nella pratica clinica ci si limita a 4-6 cicli.
Non esiste evidenza per raccomandare uno specifico numero di cicli di terapia.

Una revisione sistematica e metanalisi della letteratura, pubblicata nel 2010, basata sui dati di 21 studi per un totale di 3688 pazienti, pur evidenziando un’eterogeneità significativa tra le varie tipologie di farmaco studiate, ha concluso che la terapia di mantenimento non impatta favorevolmente sulla sopravvivenza.
Nel dettaglio, la terapia di mantenimento non ha dimostrato vantaggio significativo nella sopravvivenza globale ( HR=0.93, IC 95%, 0.87-1.00; p = 0.05 ), pur essendoci un vantaggio statisticamente significativo ( ma di dubbia rilevanza clinica ) considerando gli studi di chemioterapia ( HR=0.89, IC 95%, 0.81-0.98; p = 0.02 ) e gli studi con Interferone-alfa ( HR=0.78, IC 95%, 0.64-0.96; p = 0.02 ).
Il trattamento con Cisplatino / Etoposide alternato al CAV [ Ciclofosfamide - Adriamicina - Vincristina ] non ha portato a un significativo incremento della sopravvivenza rispetto a quanto ottenuto con la terapia standard.

Non esistono al momento evidenze scientifiche tali da far raccomandare nella pratica clinica la radioterapia toracica al termine di un programma chemioterapico di induzione.
La radioterapia toracica di consolidamento nel microcitoma in malattia estesa deve pertanto essere considerata sperimentale.
Uno studio europeo ha valutato l’efficacia della radioterapia toracica nei pazienti con malattia estesa, dopo risposta alla chemioterapia, randomizzandoli a ricevere radioterapia toracica ( 30 Gy in 10 frazioni ) oppure a non riceverla. Entrambi i gruppi ricevevano PCI. Lo studio, che aveva come endpoint primario l’aumento della sopravvivenza a 1 anno, è risultato formalmente negativo, in quanto la sopravvivenza a1 anno non è risultata differente tra i due bracci, anche se è emerso un aumento significativo della percentuale di pazienti vivi a 2 anni ( 13% vs 3% ).
In uno studio prospettico randomizzato è stato dimostrato come l'irradiazione profilattica dell’encefalo riduca l’incidenza di metastasi cerebrali ed aumenti significativamente la sopravvivenza nei pazienti affetti da microcitoma con malattia estesa che siano in risposta terapeutica dopo la chemioterapia di induzione. Il programma standard prevede la somministrazione di 25 Gy in 10 frazioni.
Uno studio giapponese ha valutato l’efficacia della irradiazione profilattica dell’encefalo nei pazienti con malattia estesa in risposta, nei quali, a differenza del precedente studio randomizzato, l’assenza di metastasi encefaliche prima della irradiazione era valutata mediante risonanza magnetica. Lo studio è risultato negativo, evidenziando anzi una sopravvivenza peggiore ( per quanto non statisticamente significativa ) nel gruppo trattato con irradiazione profilattica dell’encefalo, che determinava una riduzione nella comparsa di metastasi encefaliche ma nessun vantaggio in sopravvivenza libera da progressione.
Va sottolineato che i risultati di questo studio, tra l’altro interrotto a metà del reclutamento previsto in seguito a una analisi ad interim di futility, non sono ancora pubblicati in extenso al momento dell’aggiornamento di queste linee guida.

La terapia radiante può svolgere un ruolo palliativo estremamente importante nel controllo delle metastasi cerebrali, delle sindromi da compressione della vena cava superiore, nelle metastasi ossee e nelle compressioni midollari da metastasi vertebrali.

Terapia di seconda linea

La maggioranza dei pazienti tende a recidivare dopo una chemioterapia di prima linea; la ripresa di malattia è solitamente accompagnata dalla presenza di sintomi, con un’aspettativa di vita limitata. I fattori predittivi di risposta al trattamento di seconda linea sono legati al tempo di comparsa della recidiva rispetto al termine del trattamento di prima linea, alla risposta al trattamento precedente ed al tipo di terapia utilizzata durante la fase di induzione.

Uno studio randomizzato che ha confrontato il Topotecan per via endovenosa verso la combinazione di Ciclofosfamide, Adriamicina e Vincristina nei pazienti con un intervallo libero dalla fine della chemioterapia pari ad almeno 60 giorni, ha evidenziato la sovrapponibilità dei due trattamenti in termini di risposte obiettive, sopravvivenza libera da progressione e globale.
In un altro studio randomizzato, dedicato ai pazienti con un intervallo libero dalla fine della chemioterapia pari ad almeno 3 mesi, il Topotecan per via orale ha evidenziato una simile efficacia rispetto alla somministrazione endovenosa.
Entrambi gli studi avevano come obiettivo primario la proporzione di risposte obiettive.
Qualora l’intervallo libero dalla fine della chemioterapia sia sufficientemente lungo è possibile prendere in considerazione lo schema già impiegato nel trattamento di induzione, pur in assenza di evidenze che dimostrino l’efficacia del re-challenge.
Ovviamente, i pazienti non-trattati con Platino in prima linea, indipendentemente dalla durata della risposta, potranno ricevere terapia di seconda linea basata su Platino.
Nei soggetti Platino-refrattari ( ovvero che non abbiano mai risposto o che siano progrediti in corso di prima linea di trattamento ) non vi sono farmaci con una specifica indicazione.
Anche i pazienti con un intervallo libero dalla fine del trattamento inferiore ai 2-3 mesi, quando trattati con Topotecan, hanno una prognosi scadente, anche se il Topotecan somministrato per via orale ha dimostrato un prolungamento della sopravvivenza rispetto alla sola terapia di supporto nei pazienti giudicati non-eleggibili per ulteriore terapia endovenosa, con un beneficio simile anche nel sottogruppo di pazienti con intervallo libero da trattamento inferiore a 60 giorni.
In alternativa, in questi pazienti possono essere impiegati farmaci dimostratisi attivi in studi di fase II ( quali Amrubicina, Irinotecan, Paclitaxel, Docetaxel, Gemcitabina, Ifosfamide o Etoposide orale, qualora non-impiegata nel trattamento di I linea ).

Raccomandazione clinica

A - La chemio-radioterapia rappresenta il trattamento standard del microcitoma in stadio limitato nei pazienti in buone condizioni generali [ Raccomandazione: Positiva forte ]

A - La chemio-radioterapia concomitante deve essere considerata il trattamento standard dei microcitoma in malattia limitata in pazienti adeguatamente selezionati [ Raccomandazione: Positiva forte ]

A - Nei pazienti con malattia limitata e in risposta dopo chemioradioterapia, va eseguito un trattamento radioterapico encefalico profilattico ( PCI ) [ Raccomandazione: Positiva forte ]

A - Il trattamento di prima linea standard per i pazienti con microcitoma esteso è rappresentato dalla combinazione di Cisplatino – Etoposide o dalla combinazione di Carboplatino – Etoposide [ Raccomandazione: Positiva forte ]

A - Il trattamento radioterapico encefalico profilattico va raccomandato anche nel microcitoma in malattia estesa, limitatamente ai pazienti in risposta dopo il trattamento polichemioterapico di induzione [ Raccomandazioni: Positiva forte ] ( Xagena2015 )

Fonte: Lineeguida Tumore al polmone AIOM, 2015

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